Il 26 aprile si è tenuto il Consiglio Comunale di Alatri sulla sicurezza cittadina. Una discussione che ha dato solo una piccola parte dei risultati che avrebbe potuto e dovuto e che lascia perciò aperto il tema di un “Patto cittadino per la sicurezza e il benessere di Alatri” che veda impegnati Istituzioni territoriali, associazioni, sindacati, forze dell’ordine, cittadini. Quella che segue è la sintesi del mio intervento.
Questa di oggi è una seduta importante del Consiglio, per questa ragione, a norma di Regolamento, ho richiesto, e ho invitato tutti i consiglieri a farne richiesta insieme con me, una seduta aperta del Consiglio, per dare modo a tutti i soggetti chiamati in causa di aprire e sostenere un confronto con la città.
Viviamo un’emergenza che va affrontata chiamando la città e tutti i suoi settori a parlare, non certo sottraendosi al confronto. Non ho trovato altri sostenitori di questa proposta, ma comunque il dato politico più importante resta questo, la consapevolezza che il tema della sicurezza della città è di una portata tale che non può essere risolto isolandosi e può, invece, essere risolto chiamando tutti a un esercizio comune di responsabilità.
È quello che chiamo un Patto cittadino di cui il Consiglio comunale sia ispiratore, interprete e garante. E che veda protagoniste tutte le componenti cittadine.
Un punto centrale è distinguere quello che riguarda l’azione delle forze dell’ordine e quella che riguarda l’attività politica e amministrativa. Che debbono essere non separate, ma integrate. E che soprattutto debbono essere ispirate dall’identica finalità.
Le nuove leggi, il decreto Minniti – che, detto per inciso, non mi convince nelle parti in cui sembra assimilare con eccessiva facilità la figura del microcriminale con quella del povero – offre una lettura chiara dei compiti e del ruolo del sindaco e dell’amministrazione. Già nel 2008, con la legge 128, già nel 2001, con gli articoli del TUEL, questi compiti e ruoli erano evidenziati. Oggi ne viene delineato un profilo più netto.
Non si può dire che vi sia una sicurezza cittadina delegabile ad altri organi dello Stato, essa è in carico al sindaco e all’attività amministrativa. L’aspetto relativo all’ordine pubblico di questa sicurezza fa capo a forze dell’ordine – polizia e carabinieri – o al prefetto, tutto il resto – ed è molto – parte dal sindaco e dal comune e attraversa tutta la politica dell’ente. Non possiamo chiedere ad altri quello che spetta alle nostre competenze, mentre dobbiamo chiedere agli altri di tenere conto dell’indirizzo politico generale della città perché rendano coerenti con esso le loro iniziative. E, in particolare, alle forze dell’ordine dobbiamo chiedere una presenza più continua e controlli più costanti, anche con atti e iniziative di polizia amministrativa, nell’esercizio di una vigilanza a cui sappiamo di poterci rivolgere con fiducia.
Questa è la consapevolezza nuova, che finora non c’è stata o c’è stata in misura insufficiente e di cui il Consiglio di oggi deve dare prova per riproiettarla al centro della sua azione.
La consapevolezza è fare il conto con i problemi, con le cose fatte e non fatte, con le omissioni e le ragioni che le hanno determinate. In questo senso, ho trovato però una clamorosa insufficienza nelle dichiarazioni ufficiali del comune, del sindaco, del delegato alla sicurezza.
Potrei ricordare gli allarmi sugli atti vandalici di questa estate e la sottovalutazione con cui sono stati guardati. Potrei anche ricordare alcune allucinanti dichiarazioni rese in questo Consiglio sull’incendio dell’Istituto Rodilossi e sulla presunta innocuità di certi episodi che, invece, avevano provocato la nostra richiesta di Consiglio comunale straordinario già nel mese di agosto.
Il ritardo nella presa di consapevolezza dell’urgenza del tema della sicurezza cittadina è la causa degli errori degli ultimi provvedimenti che hanno toccato la questione delle autorizzazioni ai bar per i tavolini all’aperto e i gazebo o quella delle chiusure di una struttura come il Chiosco dell’Acropoli, rispetto ai quali l’amministrazione comunale che le ha assunte si è distinta in un esercizio ipocrita di presa di distanze, una volta dicendo che sono stati richiesti dalle forze dell’ordine e un’altra volta che sono stati presi dalla struttura burocratica che ha le sue autonomie, e cioè in buona sostanza fa quello che vuole, e dal comando della Polizia Municipale.
Il vero punto, però, è che queste risposte rivelano le carenze di indirizzo politico, che vengono colmate dall’iniziativa di altri. Non c’è una forte, autorevole interlocuzione politica. Colmare questo deficit politico deve essere l’obiettivo principale di questo Consiglio comunale. Approvare una delibera di indirizzo che detti le linee a cui attenersi per attuare un’articolata politica della sicurezza e del benessere cittadino. E che, perciò, sia il punto di partenza per esercitare il nostro ruolo nel sistema integrato di sicurezza urbana.
L’omissione vera e grave è il mancato esercizio di questo potere politico-programmatico, che invece è da esercitare oggi con decisione invocando provvedimenti amministrativi che tengano conto dell’eccezionalità del momento che stiamo vivendo come comunità. Dobbiamo tutelare il bene della sicurezza cittadina, non farlo comporta responsabilità non solo politiche e amministrative, ma anche penali. I provvedimenti necessari vanno presi sotto questa luce che motiva la richiesta ai responsabili gestionali di uniformarsi a questa necessità.
In che modo? 1) assumendo i provvedimenti di emergenza; 2) velocizzando le procedure per incanalare l’emergenza nella normalità amministrativa, 3) ridefinire le risorse necessarie per attuare azioni e politiche della sicurezza in senso lato.
La prima indicazione che dobbiamo dare è quella dell’apertura e non della chiusura della Città. Quelli presi finora sono interventi disordinati, estemporanei, controproducenti sotto ogni profilo: deprimono le attività, prolungano una situazione di anormalità che invece deve essere al più presto superata.
I provvedimenti di oggi debbono essere letti come risposta all’emergenza ma debbono anche aprire un percorso di ritorno rapido alla normalità. Le autorizzazioni di occupazione di suolo pubblico per tenere i tavolini all’aperto e i gazebo debbono essere date con rapidità. L’apertura del chiosco dell’Acropoli deve essere assicurata perché non va smantellato l’unico presidio disponibile in uno spazio che non deve essere desertificato proprio in ragione della sicurezza urbana, anche se nello stesso tempo deve essere avviata con urgenza la procedura per regolarizzarne la gestione.
Ma se vogliamo che dall’emergenza dei primi provvedimenti si passi a una vera politica cittadina della sicurezza occorre impegnarsi nella riscrittura del bilancio comunale, attingendo in modo organico e coerente dai diversi capitoli per assegnarle risorse finanziarie adeguate. In caso contrario, se manca questa operazione di variazione del bilancio tutto è destinato a restare sulla carta.
Un capitolo a sé riguarda la Polizia Municipale alla quale chiediamo da tempo che vengano assegnati un mandato più ampio e mezzi adeguati. In questo campo riscontriamo in modo evidente la sottovalutazione della questione sicurezza che ormai si trascina da anni. In apertura di seduta, un rappresentante sindacale degli agenti di Polizia Municipale ha consegnato a tutti i gruppi un breve promemoria sulla situazione dell’organico del corpo. Su 14 agenti, oggi sono in servizio effettivo solo 6, di cui uno peraltro assegnato ad altro incarico amministrativo. Ci sono varie ragioni e tutte fondate per questo depotenziamento, si tratta di questioni di salute o di sopravvenute inidoneità; resta il fatto che in questi anni non si è fatto nulla per reintegrare, non dico potenziare, la dotazione.
È necessaria una verifica dei compiti e delle funzioni della Polizia Municipale, una revisione degli orari per coprire le ore serali, anche con un accordo sindacale che si muova nella logica della responsabilità del Patto cittadino sulla sicurezza. È necessaria un’integrazione con il volontariato civile per coprire funzioni oggi svolte dalla polizia municipale ma che possono essere ricoperte facendo ricorso ad altre energie. È necessario che siano aperti punti di riferimento notturno, presidi notturni ai quali ci si possa rivolgere in caso di necessità. In alcuni comuni si sono istituiti i “sindaci di notte”, un modo per rispondere a quest’esigenza di garantire un “governo” della vita notturna. Segno che il tema è urgente da per tutto e che noi, come gli altri, dobbiamo attrezzare risposte originali.
Un capitolo del Patto cittadino deve vedere protagoniste le associazioni di commercianti e, soprattutto, gli esercenti bar e altri ritrovi pubblici. Già nel 2012, come è stato ricordato in questi giorni, venne avanzata dall’Associazione commercianti una proposta di sistema integrato della sicurezza, che tra l’altro prevedeva una videosorveglianza condivisa pubblico-privato organizzata in un unico sistema. Si proponeva anche la istituzione di un Osservatorio permanente sulla microcriminalità cittadina. Queste proposte sono state lasciate cadere. È ora di riprenderle, costruendo la prima rete di sicurezza con gli stessi esercenti, concordando regole chiare, decidendo comportamenti coerenti per eliminare alle radici il verificarsi delle condizioni di rischio.
Il Patto cittadino sulla sicurezza deve toccare tutti i settori dell’attività e della politica amministrativa. Da quella della politica sociale che è la prima a uscire sconfitta dall’esplosione di comportamenti devianti a quella della politica urbanistica e edilizia che deve porsi, come priorità, l’ obiettivo di recuperare i grandi contenitori abbandonati, svuotati, del centro e della periferia per riassegnare ad essi le funzioni di spazi e luoghi di incontro della comunità. Sono numerosi e si trovano da anni in stato di abbandono e senza che sia stato pensato al loro recupero individuandolo come priorità. Nello stato in cui versano trasmettono l’immagine di una città abbandonata.
Abbiamo parlato con tanti giovani in queste settimane. Quella che ci viene rivolta da tutti loro è una richiesta di difesa e di controllo. Dai loro racconti viene fuori un’Alatri schizofrenica, un’Alatri diurna più o meno tranquilla e ordinata e un’Alatri notturna priva di controllo e regole. E perciò questi giovani chiedono che la sera e la notte siano popolate di opportunità, di spazi a disposizione per divertimenti normali, di biblioteche aperte, di sale cinematografiche funzionanti. La mia lettura di adulto è un po’ diversa e mi fa dire che la mancanza di controllo, l’illegalità cominciano dalle omissioni del giorno e si drammatizzano nelle notti. Riprendiamoci perciò la nostra città, giorno e notte. E questo Consiglio comunale sia la prima tappa di un impegno che non ammette tiepidezze, distrazioni, omissioni.