l Il mio intervento nella seduta del Consiglio Comunale del 29 Marzo. Approvato all’unanimità un ordine del giorno rivolto alla città, letto dal Presidente del Consiglio Comunale a nome di tutti i gruppi.
Il consiglio comunale di oggi non può cominciare e svolgersi come se oggi fosse una giornata normale e la seduta consiliare una seduta normale. Al primo punto è stato posto giustamente quello che sta al primo punto nelle preoccupazioni dei nostri concittadini: l’orrore per quanto è successo, il lutto e il cordoglio per la vita di Emanuele Morganti spezzata bestialmente, la vicinanza e la solidarietà con la sua famiglia e i suoi amici e le sue amiche, a cominciare dalla giovanissima fidanzata, che porteranno per sempre il peso e l’angoscia che oggi è di tutti.
Qualcuno, nei giorni scorsi, ha proposto che la Piazza Regina sia intitolata a Emanuele. A un primo impatto mi è parsa una proposta generosa ma figlia dell’emozione del momento; ci ho riflettuto e sono arrivato alla conclusione che se è vero che le strade si intitolano a persone che hanno in certo senso segnato un’epoca della vita pubblica, nazionale o cittadina che sia, Emanuele merita questa intitolazione perché il suo assassinio è un fatto epocale, segna un prima e un dopo; un dopo nel quale nulla sarà mai più come prima. Se, per ragioni normative, non è possibile oggi l’intitolazione della Piazza, si ponga allora, intanto, una targa che ricordi quello che è avvenuto e che dica soprattutto che il ricordo di Emanuele è di tutta intera la città, perché era un nostro giovane.
Il Consiglio comunale è la voce della città, deve essere una voce che rassicura e che indica la strada da seguire, le azioni da intraprendere. Non deve sostituirsi alle forze dell’ordine, ai vari comitati che inevitabilmente – e certo necessariamente – vengono indetti in occasioni come queste. Mai come in evenienze così drammatiche sarebbe sbagliato, a mio avviso, voler confondere i ruoli prendendo ognuno il posto dell’altro, come a denunciare o sottolineare vuoti e mancanze. In tempi più tranquilli anche di questo si dovrà parlare, adesso l’urgenza è un’altra, il nostro compito è un altro.
La prima richiesta è che le forze dell’ordine, che sono consapevoli della delicatezza della situazione, mettano in atto e le facciano conoscere le misure più severe, con una presenza sul territorio e sui punti delicati di questo territorio, della nostra città, che non sono molti ma sono pericolosi e possono portare, in questi giorni esacerbati, ad altre situazioni pericolose. Possiamo scongiurarle, senza esibizioni muscolari, ma mostrando il volto deciso di chi vuol fare sul serio e non tollererà sbandamenti su questo piano.
La seconda richiesta è a noi stessi. Riguarda cosa dobbiamo fare noi, al di là delle marce, come quella di stasera, alle quali abbiamo partecipato e parteciperemo per dimostrare unità e consapevolezza.
C’è una politica della sicurezza della città da attuare. Una legge del 2008, definisce quello che sindaco e amministrazione comunale possono e debbono fare. È scritto negli articoli 6 e 7 di questa legge che è il punto verso cui orientare la nostra bussola.
Chiediamoci se le forze e le risorse che mettiamo a disposizione sono sufficienti e se, anche nelle ristrettezze economico – finanziare che i bilancio degli enti locali evidenziano e il nostro forse più di altri – possiamo e dobbiamo fare qualcosa di più. Si dice dell’insufficienza delle pattuglie del territorio, chi può negarlo? Ma l’insufficienza dell’organico della polizia municipale, non è anch’esso un problema? Non è da predisporre subito un piano di rafforzamento, con assunzioni urgenti di personale specializzato? Cerchiamo le risorse necessarie e chiediamo le deroghe eventuali, ma mettiamo questo al primo punto.
Il volontariato utilizziamolo non per fare le ronde, che ogni tanto vengono evocate da qualcuno, ma per liberare la polizia municipale da compiti che possono essere trasferiti ad altri. Chiediamo che il comandante della polizia municipale dica con chiarezza al Consiglio comunale quali sono i provvedimenti per rafforzare le sue dotazioni e la sua azione.
C’è da progettare ed attuare subito un piano di civiltà e socialità che deve coinvolgere tutte le componenti cittadine e che deve vedere i giovani protagonisti, perché sono loro le vittime di quello che sta avvenendo. Io non credo che queste giovani generazioni siano frastornate dalla mancanza di valori, o che solo questo sia quanto si è rivelato nel massacro dell’altra sera e nel mutismo di chi vi ha assistito. Ogni generazione adulta ha accusato la successiva di mancanza di valori, ma non ne è venuto fuori mai nulla di buono e soprattutto di utile. Bisogna capire, invece, quali siano i valori di queste generazioni, bisogna capire perchè non sappiano esprimerli, perché si sentano estranei, ostili, alla città e si riapproprino di essa solo in alcuni momenti, in alcuni luoghi, assumendo simboli distruttivi e autodistruttivi.
Questo è il campo su cui noi dobbiamo agire, e il Sindaco e il Consiglio possono essere ideatori, promotori, registi, compartecipi di uno sforzo sostenuto da tutti, dalle associazioni, parrocchie, scuola, agenzie educative d’ogni tipo e livello. Negli anni settanta del secolo scorso – lo ricordiamo ai più giovani perché può essere utile anche oggi, anche a noi – le nostre città erano devastate dalla violenza politica delle Brigate Rosse, i cittadini sembravano essere stati espropriati di ogni luogo di incontro e di vita civile. Alcuni sindaci e assessori lungimiranti capirono che alla logica cupa del silenzio e della distruzione occorreva contrapporre l’apertura, la moltiplicazione degli eventi urbani, la riappropriazione comunitaria degli spazi. Qualcosa di simile siamo chiamati a pensare e progettare per quanto sta accadendo oggi. Siamo noi, uomini e donne normali, a dover riconquistare e subito la nostra città, siamo noi che dobbiamo dimostrare, infittendo le nostre attività sociali, culturali, politiche, che gli spazi di Alatri sono nostri, sono di tutti quelli che vengono a visitarli e sanno apprezzarli e rispettarli, sono di tutti i giovani che vogliono stare insieme senza pericolo.
C’è, ancora, un problema urgente che va anch’esso affrontato con diversi strumenti. È quello, preoccupante al pari dei precedenti, sull’immagine di Alatri che si sta diffondendo potentemente nel nostro paese e non solo. Ho avuto uno scambio di chat, sulla pagina facebook del nostro movimento, con un cittadino di una città del nord Italia, sprezzante nel denunciare la nostra omertà. È quello che sta rimbalzando sulle televisioni e i giornali, perché è l’aspetto più eclatante della mattanza dell’altra sera: l’assenza di reazioni e le connivenze sia pure dettate, come io credo almeno per la maggior parte delle persone presenti, solo dalla paura.
Noi sappiamo che non è così. Noi sappiamo che non siamo il paese dell’omertà, degli sguardi vuoti ricordati da un giornalista che ha voluto nell’occasione citare Leonardo Sciascia. Se si è arrivati all’identificazione dei colpevoli in due giorni si deve certo alle forze dell’ordine e alla magistratura e alla loro capacità di indagine ma anche al fatto che non c’è stato quel muro di omertà di cui si legge nelle cronache e che abbiamo temuto, noi per primi.
Dobbiamo invertire la tendenza comunicativa, dare argomenti positivi all’informazione che sta osservando oggi la nostra città, mettere in valore tutto ciò che ha valore – e non è poco.
Ad Alatri operano, per esempio, le istituzioni scolastiche in cima alla classifica provinciale e regionale per qualità di insegnamento. È il momento di ricordarlo, è il momento di ricordare tutto quanto è positivo della nostra realtà. La nostra carta di identità è stata bruttata, abbiamo scoperto un volto della città che non conoscevamo o non volevamo conoscere. Ma chi siamo davvero lo dobbiamo dimostrare adesso, con le azioni che faremo e con le parole che diremo.
Questa città deve essere fitta di attività, promosse o anche solo permesse e facilitate dal comune. Facciamo le nostre scelte, partendo da questa preoccupazione e lavorando per questa emergenza.
Il Consiglio comunale deve parlare ai giovani delle scuole o che le scuole hanno già finito e si trovano alla ricerca di un lavoro, che vuol dire alla ricerca del loro futuro. Non dobbiamo farli sentire soli, in preda all’arbitrio, alla raccomandazione, all’incomprensione del mondo adulto. Anche in questo caso, si chiamino volontari e associazioni per accompagnare questi giovani alle scelte più giuste.
La risposta a quello che è accaduto non può risolversi in questa seduta. Chiedo al Sindaco di convocare un consiglio comunale, aperto a tutte le realtà del territorio – o anche preceduto da un confronto ampio con tutte le realtà associative, professionali, scolastiche, per lanciare un piano vero di sicurezza che coinvolga tutti noi cittadini, e che chieda a tutti di fare la propria parte.
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