“Galassino”, nuova perimetrazione: l’occasione mancata

Se ne è parlato nel Consiglio Comunale del 28 luglio, dove è stata approvata una proposta di nuovi “confini” dell’area protetta dalle norme regionali del 1985 dettata solo dalla necessità di risolvere il caso degli oltre 1.200 condoni edilizi che riguardano le zone interessate. Senza un’idea generale e la considerazione di altre esigenze di tutela e sviluppo delle stesse zone di cui si chiede la cancellazione dei vincoli. Ho proposto, senza risultato, una decisione partecipata, una sorta di “dibattito pubblico” locale.

@TarcisioTarquini

Il consiglio comunale di oggi ha approvato la richiesta di una nuova perimetrazione dell’area sottoposta al vincolo del cosiddetto “galassino” spostandone la linea di confine delle zone di Carano, Magliano, Fiura, Fontana Scurano, Intignano e Gaudo.

Il provvedimento, che è appunto una proposta, sarà sottoposto a un iter che prevede, nel suo corso, l’acquisizione dei pareri di altre autorità (idrogelogiche, sovrintendenza beni paesaggistici, ecc.) prima di approdare a una sede regionale cui spetterà l’ultima parola.

Per contestare la mia richiesta di approfondimento – e che mi ha portato a un voto di astensione (in difformità dalla totalità dell’intero consesso comunale, che ha votato a favore) il sindaco si è rifugiato dietro la lunghezza dell’iter e la necessità della verifica di altri soggetti, come se il fatto che il parere definitivo spetti ad altri potesse esonerare il Consiglio comunale dal verificare, con una propria istruttoria, la plausibilità, la correttezza, l’efficacia della proposta che esso si stava accingendo ad adottare, e rispetto alla quale non può certo bastare il richiamo a una procedura che coinvolge altre istanze per liberarlo dall’onere della responsabilità.

Ho tentato, perciò, di non sottrarmi all’obbligo di rendere chiaro il mio pensiero, maturato insieme con tutto il nostro gruppo e senza tralasciare la considerazione di quelli che a nostro avviso sono i punti di vista più rilevanti sulla questione: non di uno soltanto, dunque, quale quello invocato ripetutamente dal sindaco e dalla maggioranza, quasi in prosecuzione della recente campagna elettorale che molto ha giuocato demagogicamente su paure, incertezze e anche aspettative di tanti cittadini, che vivono nelle aree ora “vincolate” dai galassini e tra essi, soprattutto, quelli con problemi irrisolti di sanatoria edilizia.

Non nego, però, che il provvedimento parta da esigenze vere, spesso giuste o comunque supportate da una motivazione condivisibile: la necessità di apportare modifiche a una perimetrazione che, definita forse frettolosamente e certo senza una visione effettiva dei luoghi, giusto trenta anni fa, ha determinato vincoli in qualche caso inutili e perciò inutilmente vessatori (il sindaco ha ricordato, con dimostrazione a contrario l’incomprensibile esclusione dell’area e delle fonti vicine al protocenobio di San Sebastiano).

La soluzione proposta è però altrettanto frettolosa, non supportata da una documentazione che ne confermi la fondatezza e soprattutto garantisca, per oggi e per il futuro, che non risulti come un segnale di abbassamento dell’attenzione per la tutela del territorio in aree di pregio particolare e meritevoli perciò di salvaguardie particolarmente incisive.

In questa area, secondo informazioni comunali, insistono circa 1.200 dei 7.000 condoni edilizi depositati nei nostri uffici. Nel numero c’è di tutto, dal piccolo abuso di necessità a episodi di maggiore e più preoccupante consistenza. La nuova perimetrazione, una volta approvata,  permetterebbe di dare il via libera al rilascio di concessioni edilizie in sanatoria.

Il primo limite della documentazione disponibile è quello di non darci una descrizione della realtà rilevata, della natura e della consistenza degli abusi censiti e quindi della possibilità che, attraverso la nuova perimetrazione, si dia una risposta equilibrata a una grave emergenza di tipo sociale e urbanistico.

Ma altri limiti ancora più gravi vengono evidenziati da altre lacune informative: informazioni che sarebbero servite a noi per maturare una decisione obiettiva, ma la cui mancanza produce l’effetto di viziare la stessa proposta avanzata dalla maggioranza (la vecchia maggioranza, fatta da altri consiglieri comunali), dimostrando che su questo terreno della salvaguardia e dello sviluppo equilibrato e sostenibile del territorio si continua a procedere senza una visione d’assieme, ponendo le condizioni per altri danni oltre a quelli già prodotti.

QUELLO CHE NON C’E’

Vediamo, però, più dettagliatamente ciò che manca a supporto della delibera ma anche i punti di crisi del contesto generale in cui questa delibera è destinata a produrre effetti.

Ci limitiamo a tre esempi.

  1. In essa e negli atti che l’accompagnano sono omessi elementi di conoscenza indispensabili. La vecchia perimetrazione, per esempio, poneva una fascia di salvaguardia lungo i corsi d’acqua e i fossi. Lo spostamento della perimetrazione non è suffragata da atti ufficiali, prodotti dalle autorità competenti, che certifichino che di questo tipo di salvaguardia non c’è più bisogno. La realtà di oggi, e del passato, dimostra semmai il contrario e cioè un rischio idrogeologico potenziale ma incombente per alcuni dei tratti svincolati.
  1. Manca una ricognizione, condotta sull’intero territorio comunale e che spieghi perché per queste zone, di cui parliamo oggi, la necessità di intervenire sia stata considerata urgente e per altre zone non lo si sia ritenuto altrettanto necessario.
  1. Manca uno strumento urbanistico generale che ponga i criteri del riassetto delle stesse zone dopo lo svincolo. Siamo all’interno di quelle aree a destinazione agricola che, per l’assenza di piani particolareggiati dei nuclei abitati, tali sono destinate a restare.

Non è un caso che molti cittadini confondano il significato dell’operazione e la vedano come un via libera per nuove possibilità di costruzione. E del resto basta leggere le motivazioni della delibera per avere conferma che questo equivoco è indotto dallo stesso comune, perché si invoca l’approvazione di questo atto ricordando che esso potrà costituire “una risposta alla crisi” e sarà un volano per l’economia, oggi depressa per le difficoltà delle imprese di edilizia.

Ma quale nesso c’è, tra un provvedimento che tutt’al più sana il passato e la possibilità che in quelle stesse aree si possa costruire con maggiore facilità rispetto a quanto avviene oggi? È evidente che si sta inducendo la falsa idea di una nuova stagione di costruzioni, che però sarebbero abusive come le precedenti. E allora? L’intenzione è di dare il via libera all’abusivismo di domani fingendo di risolvere quello di oggi e di ieri? Con quale strumento urbanistico rispondere a queste attese, che solo con tale strumento e affrontando il punto dei piani particolareggiati dei nuclei  abitativi potrebbe trovare una soluzione?

Il problema degli abusi da sanare e degli appesantimenti dell’iter delle richieste di concessione edilizia è stato un tema elettorale che ha contribuito a distorcere il dibattito e quindi il risultato elettorale. Ma è sbagliato pensare e agire come se noi dovessimo rispondere della decisione solo ai  nostri concittadini delle zone interessate o a quelli tra essi che hanno presentato domanda di condono. È una questione generale che riguarda tutti i cittadini, tutta la comunità.

Per questo occorre un cambiamento di ottica, meglio dire un allargamento di ottica.

post Galasso.jpg

È stato questo il senso della proposta che ho avanzato alla commissione urbanistica di ieri e che ho rinnovato al Consiglio comunale di oggi, e cioè di rinviare questo punto all’ordine del giorno a una seduta del consiglio comunale da tenere a settembre. E contemporaneamente di rimettere alla commissione urbanistica il compito di avviare un’ampia fase di audizioni con i cittadini e tutti i soggetti professionali e associativi che hanno interesse e titolo a intervenire sui “beni tutelati” dalla Galasso e dai “galassini”: comitati di zona, categorie e ordini professionali, associazioni ambientaliste e archeologiche, professionisti.

Queste audizioni avrebbero permesso di acquisire nuovi punti di vista, informazioni più complete. Sarebbe stato come introdurre da noi quello che il nuovo codice degli appalti prevede già da oggi per le opere di grande impatto con la nuova procedura del “dibattito pubblico”. E cioè chiamare tutti i portatori di interesse per acquisire diversi punti di vista arrivando a determinare le condizioni di una mediazione tra le diverse valutazioni arricchendo così anche i contenuti della nostra.

In questo modo avremmo potuto entrare meglio nel merito, arrivando a una conclusiva delibera, forse condivisa, ma certamente partecipata.

Ne avremmo ottenuto una proposta più forte, grazie alla procedura adottata e all’ampiezza della partecipazione promossa, da far pesare nei confronti di tutte le autorità chiamate a dare, in fase successiva, il via libera alla nuova perimetrazione.

Se è vero che la nostra è una proposta, non avremmo dovuto trascurare che il suo valore sarebbe risultato più solido e incisivo se esaltato da un percorso di partecipazione dei cittadini.

Nella prima foto sopra il titolo la perimetrazione di oggi, nella foto all’interno del post la nuova perimetrazione proposta, l’una e l’altra contrassegnata dalla linea rossa. 

 

 

 

 

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