Il mio paese in un’Italia che si fa raccontare le sue paure

@Antonio Coletta. Un’analisi “d’accatto” del risultato elettorale del mio paese con trentamila anime inizia da una constatazione: stamattina, uscendo di casa, ho incontrato almeno una persona su tre che ha votato un partito di estrema destra, molto probabilmente per xenofobia o perchè teme per la sua sicurezza, dimenticando che la cronaca nera – quella che negli ultimi anni ha portato più volte la loro piccola cittadina alla ribalta nazionale – ha visto protagonisti solo italiani. Siamo nell’Italia dove le cose non accadono ma queste cose se le fa raccontare.   

@AntonioColetta
Nel paese di trentamila anime – Alatri (FR) – nel quale sono nato e risiedo da circa cinque anni la Lega ha raccolto oltre il 50% dei voti: più in generale, circa il 60% dei votanti ha espresso la sua preferenza per un partito di estrema destra.
Se nella mia poco attendibile “bolla social”  hanno primeggiato di poco La Sinistra e +Europa, la Lega non è risultata il partito più votato nemmeno nelle grandi città – dove, certamente, il problema della sicurezza è più pressante che altrove.
La mia analisi d’accatto mi racconta uno scarto enorme tra l’Italia che vive lì dove accadono le cose e l’Italia che queste cose se le fa raccontare: uscendo di casa, questa mattina, ho incontrato almeno una persona su tre che ha votato un partito di estrema destra, molto probabilmente per xenofobia o perché teme per la sua sicurezza.
Erano le stesse brave persone di ieri, ma anche gli stessi buzzurri; erano anche gli stessi cafoni che reclamano regole e disciplina ma, ad esempio, parcheggiano ogni giorno in doppia fila e nei posti riservati ai disabili per non esporre un tagliando sul cruscotto e recarsi all’ufficio postale, o per lasciare i loro figli trasportati senza dispositivi di sicurezza proprio davanti al divieto di fermata dinanzi l’ingresso della scuola; erano anche gli eredi di quelli che organizzavano raid armati di catene contro i primi immigrati all’inizio degli anni novanta; erano anche – e soprattutto – quelli che s’informano su Facebook a suon di video tratti da snuff movie intitolati “IMMIGRATO PICCHIA CAPOTRENO” e foto di Pietro Pacciani piangente “DERUBATO DA TRE STRANIERI”, dimentichi che la cronaca nera che negli ultimi anni ha portato più volte la loro piccola cittadina alla ribalta nazionale ha visto protagonisti solo italiani.
Esistono oggi tre Italie (quella delle grandi città, quella della provincia e quella che si astiene). 
Se nella totalità del Paese più o meno un elettore su cinque sembra desiderare per sé una limitazione dei propri diritti e delle proprie libertà, esiste un’Europa che va in tutt’altra direzione, nella quale l’estrema destra parlamentare è una sparuta minoranza.
Esiste il dovere dell’antifascismo, della difesa non violenta dei valori, dei diritti e delle libertà conquistate con la Costituzione, anche a costo di scontrarsi con amici, parenti, colleghi, datori di lavoro, centri di potere, leggi, forze dell’ordine: una battaglia che – visti i risultati delle elezioni europee – deve essere condotta anche e soprattutto in provincia, una lotta che dobbiamo non solo ai nostri figli ma persino ai fascisti inconsapevoli e, senza dubbio, ai loro figli.
La scelta alla quale saremo chiamati nei prossimi anni è quella tra il fascismo e l’antifascismo, tra la repressione e la libertà, tra la violenza e la non violenza, tra la dittatura e la democrazia – in fin dei conti, tra il male e il bene: da questa consapevolezza la parte sana del Paese dovrebbe ripartire per raccontare, immaginare e proporre un’Italia migliore.
Nell’immagine in evidenza “L’angoscia” di E. Munch
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