Sono state consegnate le controdeduzioni dell’ACEA ATO5 alla delibera di “messa in mora” votata dall’assemblea dei sindaci lo scorso 18 febbraio. Al di là dei contenuti tecnici colpisce l’asprezza dei toni adoperati contro i sindaci e la loro struttura di consulenza, l’ormai notissima STO. L’obiettivo della relazione del presidente dell’azienda è di “delegittimare” un’intera classe politica, dipinta come incapace di tutelare gli interessi dei cittadini. Un approccio quasi “grillino” e, comunque finirà, sarà un terremoto politico.
La lettura delle controdeduzioni alla “messa in mora” decretata dall’assemblea dei sindaci del 18 febbraio scorso, presentate dall’ingegnere Paolo Saccani, presidente dell’Acea Ato 5, è un esercizio assai istruttivo ed è bene che venga compiuto con attenzione da tutti coloro i quali hanno la responsabilità di decidere sulla eventuale risoluzione del contratto con il gestore del servizio idrico integrato.
Era del tutto prevedibile – e non è questo dunque che mi ha colpito – che l’azienda contestasse punto per punto le inadempienze di cui è stata accusata dal documento elaborato dall’Autorità d’ambito tramite la sua struttura tecnica, l’ormai conosciutissima e citatissima STO.
L’Acea replica, infatti, affermando che gli inadempimenti contestati o sono privi di fondamento (qualche volta, addirittura, citando atti di cui i consulenti dei sindaci avrebbero persino ignorato l’esistenza), o dipendono da omissioni dei comuni (lavori non eseguiti per il ritardo nelle autorizzazioni), o sono colpa dell’Autorità d’Ambito (canoni e oneri concessori non versati in quanto “parte” delle tariffe non approvate nei tempi previsti), o sono stati nel frattempo, e appena possibile, risolti e perciò “a oggi” non più esistenti.
Si tratta, ovviamente, della verità dell’Acea sulla quale c’è da attendersi che l’assemblea dei sindaci si esprima producendo le sue prove in maniera meno generica e contestabile di quanto fatto finora.
Un po’ di più mi hanno colpito – del lungo testo di Saccani – le informazioni sui risultati di indagini di “customer satisfaction”, affidate a istituti di ricerca di primaria importanza, che permetterebbero di constatare una forte soddisfazione degli utenti sul servizio offerto e sulla sua gestione commerciale, a dispetto – lo sottolinea lo stesso dirigente – della cancellazione di sportelli in alcuni centri (tra cui Alatri), dovuta alla necessità di contenere i costi dopo i mancati o ritardati adeguamenti tariffari; e di cui, comunque, nel caso sul punto si insista, si promette il ripristino, non senza precisare che l’onere dell’operazione verrà addebitato sulle nostre bollette.
Si potrebbe ironizzare sull’attendibilità di queste rilevazioni e sulla vacillante credibilità di istituti che in un passato piuttosto recente si sono segnalati per sballatissime previsioni elettorali, ma significherebbe, tutto sommato, fissarsi solo su un elemento del quadro trascurando l’insieme.
L’insieme è l’atteggiamento di vero e proprio disprezzo verso l’interlocutore pubblico che si legge in ogni riga della relazione, dalle accuse di malafede a quelle di incompetenza gettate in faccia ai sindaci e ai componenti della STO, ispiratori i primi ed esecutori i secondi – nel giudizio di Saccani – di una manovra politica – già espressa chiaramente nella delibera del 18 febbraio e nelle successive dichiarazioni di molti primi cittadini – che non celerebbe l’obiettivo di arrivare, con molti pretesti e pochi argomenti, alla chiusura del rapporto contrattuale con l’Acea.
Saccani obietta che la messa in mora e la diffida sono, a norma di legge, uno strumento finalizzato al superamento delle inadempienze (che, peraltro, il dirigente ribadisce neppure sussistenti) e non possono essere ritenute un passaggio obbligato e irreversibile verso la risoluzione.
Un attacco, dunque, su tutta la linea, che non pare preoccuparsi troppo delle conseguenze che l’uso e l’asprezza di certi termini (se ne potevano usare degli altri, e la scelta non è perciò casuale) riverbererà sulle già disastrate relazioni tra sindaci e azienda, frantumando del tutto quel rapporto di necessaria fiducia che dovrebbe stare alla base di ogni accordo contrattuale e di cui, al contrario, in questo caso non pare esser rimasto integro nemmeno un esile filo.
Il messaggio è chiaro ed è rivolto non solo ai sindaci e, in prospettiva, ai giudici che si troveranno a giudicare su torti e ragioni nella vicenda. I destinatari principali sembrano, piuttosto, tutti i cittadini. E i toni usati dall’ingegner Saccani, prima ancora dei contenuti del documento da lui firmato, mirano a delegittimare ai loro occhi coloro che essi hanno scelto a rappresentarli, dipingendoli come gente che negli anni è stata distratta o assente e non ha saputo perciò tutelarli (esemplare in questo senso il colpevole silenzio rimproverato dal manager al rappresentante dell’Autorità d’ambito, inutilmente incaricato di presenziare ai consigli di amministrazione dell’azienda). Un approccio quasi “grillino”, del resto in sintonia con il colore politico del nuovo azionista di maggioranza della Multiutility romana.
Questa storia tra sindaci e Acea, indipendentemente da come andrà a finire, annuncia di provocare un terremoto, sotto cui resterà sepolta la credibilità di un’intera classe politica provinciale.