di @AntonioColetta
Non sono un grande conoscitore del territorio di Alatri, tuttavia mi ritengo un buon osservatore.
La grande sfida di chiunque andrà a governare la città di Alatri dovrebbe essere quella di dare una possibilità di scelta tra restare ed andare via, dove restare potrebbe significare non perdere troppe di quelle possibilità di crescita sociale, culturale ed economica che una provincia come la nostra nega.
Non credo ci voglia poi molto spirito d’osservazione per capire che le potenzialità di questo territorio siano più alte di quello che la sua popolazione è in grado di concederle, probabilmente anche a causa di un’assurda pretesa di grandiosità ed unicità che Alatri non sarà mai in grado di soddisfare.
Mi spiego meglio. Io ritengo che Alatri possa crescere molto dal punto di vista sociale, dunque culturale, dunque economico (possibile andar peggio di così?), ma solamente riconoscendone i limiti e considerando questo paese come parte di un territorio più vasto: fare della nostra città la promotrice e leader di un rilancio dell’intero comprensorio attraverso un’unione/consorzio di comuni basato su un turismo breve e tematico con un programma di lunga prospettiva – almeno decennale.
Credo che grandi handicap dell’organizzazione delle attività culturali ad Alatri siano stati finora la tendenza ad imitare i paesi vicini (dai fasti ai festival jazz e blues) e la tendenza ad organizzare e promuovere attività ad esclusivo uso e consumo di parte della popolazione locale.
Credo che Alatri, invece, possa sfruttare la lunga tradizione di centro studi che le viene dalla presenza del (maltrattato) Liceo Conti Gentili e cercare di rilanciarsi come centro di formazione e punto d’incontro e commistione tra culture giovanili e popolazioni diverse (l’integrazione e il confronto sono, oltretutto, argomenti molto attuali ed Alatri, nell’accoglienza, potrebbe fare la sua parte).
Un’operazione del genere credo che possa portare vantaggi a tutte le attività produttive della zona: dare ad Alatri e al territorio circostante un’identità culturale percettibilmente più elevata di quella attuale (che non vuol dire elitaria) credo sia l’elemento chiave per l’agognata crescita e per il rinnovo di una società ferma che troppo spesso si presta alla caricatura.
Dal punto di vista più prettamente politico, ho moltissima stima e fiducia in Tarcisio e, se deciderà di candidarsi, avrà il mio voto.
Tuttavia non posso negare un certo disagio legato alle liste civiche senza riconoscibilità politica e a quelle della cosiddetta “società civile” o, peggio ancora, a quelle degli amici grillini.
Credo che, nella situazione in cui versa Alatri, una coalizione e un compromesso tra diverse fazioni politiche esterne ai partiti possa servire per un’operazione di pronto soccorso: rilanciare in un quinquennio la città, mettendo assieme le forze migliori e operando secondo buon senso.
Penso, ad esempio, che le idee portate da Luciano Bellincampi nella riunione alla quale ho partecipato (penso, in particolare, a consorzi e gruppi d’acquisto) e in questo blog da Remo Costantini sono ottime e, come dicevo prima, “di buon senso”, nonostante una formazione ed esperienza politica completamente diversa dalla mia.
Penso anche che una lista civica di pronto intervento, composta da persone di valori diversi e spesso contrapposti non debba istituzionalizzarsi per non cadere nell’inghippo – chiamiamolo così – “Programma Alatri”: se fosse necessario formare più liste civiche a fini elettorali, come scrive Remo, credo sarebbe opportuno dare ad ognuna di queste una riconoscibilità “politica”.