La commissione cultura del comune di Alatri accetta l’idea di candidarsi come “città della cultura del Lazio 2020” proponendosi come capofila. E’ un’impresa difficile, tanto che il quotidiano Ciociaria Oggi, la definisce “un colpaccio”. In effetti, manca tempo, ma qualcosa si può tentare se si hanno le idee giuste e la voglia di provarci sul serio. Tante indicazioni ci vengono dalla lettura dei progetti delle città risultate vincitrici nel 2018 e nel 2019. Per arrivare a un budget sufficiente, da aggiungere ai 100 mila euro concessi dalla Regione a chi viene insignito del titolo, bisogna puntare, con professionalità e serietà, a un progetto “comunitario”, che coinvolga le associazioni culturali (sono una risorsa immateriale ma assai consistente) e colga l’interesse degli sponsor. Proviamoci, dunque. male che va ci saremo allenati per vincere il prossimo anno.
Stamattina Ciociaria Oggi dedica, nelle pagine cittadine, un ampio servizio alla proposta che ho avanzato in sede di commissione cultura, e che è stata accolta all’unanimità, di candidare Alatri come città della cultura del Lazio 2020 rivendicando il ruolo di capofila. È possibile, infatti, partecipare al bando regionale che assegna il riconoscimento (accompagnato da 100 mila euro) mettendo insieme più comuni, ma uno solo di essi è insignito del titolo anche se il programma delle manifestazioni può articolarsi territorialmente coinvolgendo più centri.
Si tratterebbe, secondo il quotidiano, di tentare “un colpaccio”, ma detta così assomiglierebbe troppo a una rivendicazione di tipo “campanilistico”, oltre che a una risposta polemica per vellicare tale sentimento (puntando sul quale non si sbaglia mai dalle nostre parti) contro l’assessorato alla cultura. Che, da parte sua (lo abbiamo appreso dal dirigente del settore presente alla riunione) intenderebbe muoversi, invece, con l’obiettivo di aggregare la nostra città a “una filiera” con capofila Veroli, insieme con altri centri importanti come Ferentino e Anagni.
Non si tratta di questo – di campanilismo – e vorrei spiegarlo perché, come ho detto in Commissione, “Alatri ha bisogno in questo momento di essere capofila in questa iniziativa culturale così vicina al suo essere o a quello che intende o aspira a essere”.
La mia proposta (ora di tutta la commissione cultura) si basa su alcune considerazioni. La prima nasce da un’analisi della storia (breve ma significativa) di questo premio. Finora, infatti, le città che lo hanno conseguito e le “filiere” intercomunali costruite per l’occasione condividono l’elemento che è la città più grande a raccogliere intorno a sé cittadine più piccole, con storie e “brand” meno forti, alle quali si offre la possibilità di comparire in un circuito dal quale resterebbero altrimenti escluse.
La seconda è una ragione di “marketing”: raggruppamento o non raggruppamento la città della cultura è una sola, il titolo va a un comune solo (anche se gli altri sono citati), quello che risulta il capofila; il vantaggio di visibilità (alla fine dei conti, è questo il premio maggiore) tocca “di fatto” a una sola città, è stato così per Colleferro (candidatasi con Artena, Paliano, Valmontone, Labico) nel 2018, è così con San Felice Circeo (con Ponza e Ventotene) in questo 2019, sarà così per chi vincerà il titolo per il 2020. Avrebbe senso, dunque, rivolgere la proposta di partecipazione a comuni come Fumone, Collepardo o anche Guarcino, da unire in una “narrazione” comune (non ce l’ho fatta a non utilizzare questa espressione, perdonatemi), piuttosto che accendere plurimi “focus” con città con identità storico-culturali più marcate. Anche su questo, però, vorrei essere preciso: non che Fumone (con il suo castello e Celestino V), Collepardo (con la sua Certosa), Guarcino (con il suo Malpensa e le testimonianze benedettine) non abbiano identità, tutt’altro. Ma sono identità componibili con il racconto comune che il premio sollecita e di cui Alatri può essere, senza prevaricare nessuno, il centro.
Nulla vieta, naturalmente, di insistere sull’idea di aggregare le “città delle fortificazioni”, seguita dal nostro comune negli anni scorsi, la prima volta con Anagni, Ferentino e Veroli (capofila), la seconda solo con Ferentino e Veroli (ancora capofila): ma se si parla di fortificazioni a maggior ragione il comune capofila dovrebbe essere “di diritto” Alatri in virtù dell’irripetibile eccezionalità dell’Acropoli e delle sue mura. Quindi non capisco perché non si sia fatto così e non lo si sia nemmeno chiesto.
Le difficoltà sono altre ed è bene dichiararle subito per affrontarle e superarle, ma senza superficiali illusioni.
Il primo punto è individuare un progetto nuovo, suggestivo dal punto di vista comunicativo (e, del resto, la suggestione cosa è se non una figura della comunicazione?); per elaborarlo si deve mettere alla prova un metodo nuovo. Io lo individuo nella partecipazione progettuale di tutte le associazioni che operano nel territorio interessato. Dal confronto (una sorta di brain storming allargato) può scaturire un’idea intorno alla quale raccogliere, con le necessarie articolazioni, tutti i contributi: non con una mediazione “polpettone” ma con gli accostamenti inaspettati, con le “contaminazioni” (anche stavolta non ce l’ho fatta ad evitare… scusatemi), con i cortocircuiti che le differenze culturali e di attitudini pratiche possono miracolosamente produrre, se non ci si rinchiude dentro le proprie specificità.
L’altro punto è chiamare le istituzioni universitarie e formative del nostro territorio provinciale, che dovranno essere presenti nel comitato scientifico, insieme con personalità che siano suggeritori ma anche “testimonial” (ci risiamo…) del progetto. Questo aspetto è stato curato con attenzione dai comuni vincitori delle passate edizioni, non va dunque trascurato da noi, oggi.
Per ultimo, l’aspetto economico e cioè l’investimento. Ho letto il progetto di San Felice Circeo (ispirato al mito del mare di Circe), prevede un budget di oltre 565 mila euro, con una copertura del contributo regionale (100 mila euro) che non arriva al 17.7% e con una partecipazione di sponsor privati di 304.500 euro che si aggiungono ai 160.500 messi a disposizione delle amministrazioni coinvolte. Più contenuto, ma ugualmente impegnativo, il budget previsto, nel 2018, da Colleferro (sulla urbanistica novecentesca razionalista e industriale): 296 mila euro, al quale le amministrazioni locali hanno concorso – almeno sulla carta – con 61 mila euro e gli sponsor privati con 135.200 euro.
La condizione del comune di Alatri, come è noto, non permette interventi finanziari consistenti per la cultura (c’è il piano di riequilibrio, che spegne i lampioni figuriamoci se possa tenere accese le attività culturali), ma la ricerca di isponsor privati può essere tentata con successo, se ci si lavora con professionalità e serietà dimostrando che il premio di Città della Cultura è un obiettivo della comunità intera.
Il nodo vero è il tempo e la scarsità di tempo (che la nostra amministrazione – in tutti i campi – può sempre invocare e di cui è perciò specialista) – che non è una disgrazia divina ma il frutto di assenza di strategie, di programmazione, di fiducia.
Proviamo allora a fare il “colpaccio”, come auspica Ciociaria Oggi, magari non ci riusciremo per il 2020 ma, se avremo capito la lezione, potremo piazzarlo nel 2021. Intanto, male che va, ci saremo allenati.