Un Regolamento che non rigenera, crea disparità, incoraggia la confusione e stravolge la legge

Un Regolamento che stravolge la legge regionale sulla “rigenerazione urbana”, determina una situazione pericolosa per i cittadini cui non dà nessuna certezza, apre le porte a un ulteriore “degenerazione” territoriale le cui conseguenze pagheremo tutti, e che nega alle generazioni più giovani il diritto a una città vivibile, ben programmata, con il giusto spazio a tutte le attività produttive senza compromettere ulteriormente il territorio. Le osservazioni della Regione non sono tenute in nessun conto, il tema del centro storico del degrado e del necessario risanamento del centro storico non trova posto nelle scelte di chi ci amministra. L’intervento di @tarcisiotarquini di #alatriincomune in Consiglio Comunale e le ragioni del  “NO” a questo Regolamento, frutto della fretta e della vecchia logica non di rispondere a un’esigenza ma di creare un’esigenza in cui si smarrisce il senso dell’interesse generale. La delibera approvata ma con un emendamento che ne rinvia l’efficacia al primo febbraio 2019.

@tarcisiotarquini

Signor Sindaco, egregi colleghi e colleghe,

questa seduta del Consiglio Comunale deve essere rinviata, per lo meno deve essere ritirato il punto all’ordine del giorno sulla cosiddetta “rigenerazione urbana”.

Questa mattina ho appreso direttamente dal funzionario regionale che ha istruito la pratica relativa al nostro Piano di rigenerazione urbana, e cioè l’architetto Massimiliano Sansonetti (ne faccio il nome perché non è certo soggetto a obblighi di riservatezza quanto mi ha riferito e, anzi, le sue anticipazioni meritano gratitudine in quanto mettono in guardia da errori e illegittimità dovute a “ignoranza”) che la direzione generale dell’urbanistica della Regione Lazio ha espresso pesanti osservazioni al Regolamento del comune di Alatri e successivamente ho appreso che la dirigente del settore ha già inviato alla pec comunale, nel primo pomeriggio, una lettera nella quale queste osservazioni sono state esplicitate. Gli estremi della trasmissione sono i seguenti: protocollo RL n. 733477 del 20 novembre 2018, che – fatto curioso – annulla una precedente trasmissione, protocollo 733294 di pochi minuti prima “per mero errore materiale”, è accaduto cioè che della lettera del primo invio sono arrivate solo due pagine su tre, imponendo il successivo reinvio.  Chiedo al Segretario comunale di verificare l’arrivo della lettera regionale della Direzione generale dell’urbanistica e di accluderla agli atti di questo Consiglio in modo che tutti possiamo conoscerla nel dettaglio.

Ho ottenuto queste informazioni approfondendo quanto siamo stati chiamati a deliberare oggi e preoccupandomi di accertare che la Regione avesse davvero rinunciato a esprimere le sue osservazioni: l’ho fatto per scrupolo e anche  perché francamente mi era sembrato molto strano, anche avendo a mente le prese di posizione della Regione esternate su precedenti atti urbanistici del nostro comune implicanti varianti, che da quella sede non fossero venuti i riscontri negativi su quelle che a me, come avevo detto nel consiglio comunale dello scorso luglio, parevano lacune macroscopiche del piano, fraintendimenti, superficialità tali da inficiarne la validità.

Chiedo se analogo scrupolo sia stato seguito dai nostri amministratori e dai nostri uffici, se qualcuno si sia peritato di verificare, al momento della convocazione del Consiglio, quanto io ho avuto modo di accertare con facilità questa mattina, presentandomi come semplice consigliere comunale dell’opposizione.

Prevedo l’obiezione, la stessa che ieri ho letto in una dichiarazione anonima della maggioranza che irrideva all’iniziativa mia e di Alatri In Comune di un’assemblea pubblica sul tema in discussione oggi, affermando che i termini delle osservazioni regionali sarebbero scaduti il 22 ottobre e che perciò, così titolava il giornale, l’assemblea stessa sarebbe stata inutile, anzi “una presa in giro degli elettori”.

La verità è che tra le contestazioni mosse dalla Regione compare proprio quella sull’adozione della procedura semplificata, prevista dalla legge n. 7 ma erroneamente applicata al caso nostro, in quanto il Regolamento proposto, nel quale si è voluto inserire tutto il possibile, contiene misure e articoli per i quali si sarebbe dovuta seguire e si dovrà seguire un’altra procedura, quella della legge urbanistica: sono misure e articoli che si riferiscono alle parti che costituiscono variante normativa e che perciò sono sottratte alla “semplificazione”, mentre debbono rispettare quanto fissato e descritto sull’iter di approvazione nella legge 1150. Questo significa che una buona parte del nostro Regolamento era ed è osservabile, al di là del fatidico 22 ottobre, e che è stato osservato nei modi propri e non fuori tempo massimo.

I termini proposti con troppa fretta dall’amministrazione, quelli dettati dalla procedura semplificata, sono nel nostro caso inefficaci, c’è ancora tempo e il tempo dovrà essere impegnato a produrre le controdeduzioni da presentare alla Regione colmando le molte lacune del provvedimento e avviandolo sulla strada delle procedure più legittime. Se questo non verrà fatto, il Consiglio comunale si assumerà una responsabilità gravissima perché è la stessa efficacia giuridica di quanto oggi verrebbe deciso che sarà compromessa, creando rischi per gli atti conseguenti e per chi dovesse sia assumerli che utilizzarne i dispositivi.

E comunque non ci troviamo di fronte solo a una questione di tempi e di procedure fraintese. Nella nota della Regione, infatti, per le succinte anticipazioni che me ne sono state date, si contestano le scelte effettuate in quanto contrastanti con la legge e l’uso improprio delle norme: in particolare si esprimono pesanti osservazione sulle modalità con cui sono stati definiti i piani di ambito, e sul ricorso a strumenti, come la perimetrazione dei nuclei abusivi, le zone di urbanizzazione (le quattordici palle del PRG), e tutti gli altri espedienti cartografici a cui si è dovuto ricorrere per mettere in piedi ciò che in piedi non può stare, strumenti tutt’altro che significativi da un punto di vista urbanistico e soprattutto non rispondenti a quanto la legge reclama. Una dura critica viene anche rivolta all’indebito allargamento dell’area degli “interventi individuali” nell’elencazione dei quali si è andati ben al di là dei parametri di legge: e del resto basta prendere le tipologie e le prescrizioni dell’articolo 10 per accorgersi quale spericolata operazione di indebito allargamento delle maglie sia stato congegnato.

Quando nei giorni scorsi si è dichiarato che ormai la questione delle osservazioni, approvazioni, valutazioni era chiusa e che non sarebbero state né utili né oneste ulteriori discussioni o assemblee – come quella indetta dal Movimento Alatri In Comune – perché sarebbero scaduti i termini per ulteriori modifiche e integrazioni si è parlato con superficialità, si è parlato perché non informati, si è parlato senza avere studiato e approfondito la questione posta all’ordine del giorno, come sarebbe stato necessario e doveroso da parte di tutti i consiglieri nei confronti della città che qui si rappresenta.

Le osservazioni della Regione, in realtà, già c’erano state, sia pure ancora tenute sulle generali,  ma non si erano limitate, come sembrava evincersi nella proposta di delibera, nel sollecitare alcune precisazioni formali, già nella prima comunicazione – che solo oggi ho potuto acquisire nella sua completezza: di tali osservazioni sarebbe stato doveroso dare conto nella premessa dell’atto deliberativo  – preludevano, infatti, a un successivo ben più pesante giudizio.

L’architetto Massimiliano Sansonetti e l’architetto Maria Lucia Salvatori, scrivevano in data 30 agosto 2018: Ciò detto, in via preliminare si osserva che quanto riportato negli atti trasmessi non risulterebbe rispondente ai contenuti e alle finalità della LR 7/2017, stante la previsione generale e generica della sua applicazione in carenza di adeguate analisi finalizzate all’individuazione dei previsti ambiti, con particolare riferimento all’articolo 2 della medesima legge regionale”. Dunque, mentre alle precisazioni il comune aveva risposto con l’esibizione puntuale di quanto fatto in merito di consultazione e pubblicizzazione, alle obiezioni sui contenuti, che ripeto preludevano già a osservazioni di merito, non si è prestata l’attenzione necessaria, limitandosi a protestare che il lavoro era stato svolto con accuratezza e con la più ampia consultazione: una risposta non risposta perché non era su questo che la Regione chiedeva chiarimenti e integrazioni né era prevedibile potesse accontentarsi  di queste dichiarazioni generiche.

La lettura della proposta di delibera è una clamorosa conferma della frettolosa superficialità politico-amministrativa di cui si è restati vittime: è un insieme di affermazioni generiche, mai suffragate da dati e analisi: si parla di disagio abitativo e non si dà un numero a rappresentarlo, si dice di zone con degrado sociale e non si articola un’analisi che lo descriva e comprovi, siamo appena usciti da un piano casa e non si rendicontano gli effetti che esso ha avuto sul territorio in termini di superfici edilizie e di saturazioni urbanistiche, si parla di edifici da risanare e non c’è una minima mappatura di quali, quanti e soprattutto dove si trovino questi edifici, praticamente si chiede di credere all’assunto senza dimostrarlo. Ma il fatto non è formale: quella genericità è frutto della mancanza di una visione onesta, equilibrata, delle necessità del territorio e questo porta a redigere una delibera che più che servire a rispondere a delle esigenze serve a creare esigenze, ma che nello stesso tempo darà luogo a discriminazioni frutto della confusione urbanistica.

Questo Regolamento non riguarda il centro storico se non per un paragrafo che ammette alcune deroghe. È la legge stessa a escluderlo, ma la realtà è che per questa parte della città, dove sono evidenti i segni del degrado e evidente l’emergenza della riqualificazione e rigenerazione si continua a rimandare, per non affrontare finalmente quello che serve davvero al nostro comune: uno o più strumenti urbanistici – definiti come si vuole, se alcuni termini da noi adottati portano disturbo – che programmino oggi e per i prossimi anni, guardando al territorio nel suo insieme perché questa città è dieci rioni e 93 contrade e a tutte l’amministrazione deve rivolgersi per un piano che rammendi le mille slabbrature, segni le diverse vocazioni, urbanizzi nel senso vero del termine, evitando quello che anche in queste settimane abbiamo dovuto sopportare, come il fatto dei lampioni su cui hanno fatto mea culpa anche esponenti della maggioranza salvo poi apprestarsi ad approvare piani non piani che complicheranno e moltiplicheranno quanto accusato oggi.

Cambiamo pagina, cogliamo questa occasione offertaci da una discussione serena sul Piano di rigenerazione.

Signor Sindaco,

credo che vi siano ragioni sufficienti per ritirare la delibera, accertare nel merito quanto realmente pensa la regione del provvedimento curando di misurarsi sulle contestazioni mosse e riavviando l’iter su una strada procedurale corretta. Le “rigenerazione” può essere davvero un’occasione e non va sciupata e buttata al vento. Ma il regolamento, perché possa funzionare, deve essere rivisto alla luce di quanto stabilito dalla legge e ribadito nelle “osservazioni” regionali.

Le chiedo un atto di saggezza, che tutelerebbe il Consiglio comunale impedendogli di assumere una decisione sbagliata e  rischiosa, inefficace giuridicamente e foriera di ricadute pericolose per tutti.

Lo chiedo anche al Presidente del Consiglio Comunale per i compiti che ha di garantire il Consiglio stesso e i singoli consiglieri da atti illegittimi.

Se il ritiro della delibera e il rinvio della seduta non dovessero essere assunti, siccome le questioni poste e cioè gli errori e le irregolarità di applicazione, nei contenuti e nelle procedure, esistono al di là della votazione di oggi che certo non può sanarle, si sarà presto costretti, per auto tutelarsi, a tornare sulla decisione e a convocare un Consiglio comunale che riveda le proprie posizioni. Non gioverebbe all’autorevolezza di questo organo cui tutti teniamo.

(Consiglio Comunale di Alatri, seduta del 20 novembre 2018)

 

 

 

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