Acea e politici. Vediamo questo stupido dove vuole arrivare!

Penso che in questi giorni il sindaco di Alatri, Giuseppe Morini, abbia avuto più volte modo di pentirsi della sufficienza, avvolta da argomentazioni tecnocratiche, con la quale ha affrontato la questione dell’Acea Ato 5 e la richiesta che gli è stata rivolta, da noi tra i primi, di denunciare le inadempienze contrattuali dell’azienda e avviare le procedure per la risoluzione del contratto.

Lo si capisce dall’affanno con cui ha preso spunto dalla notizia (rimasta occultata, chissà perché,  per diversi giorni prima di essere resa pubblica) dell’imminente fusione aziendale tra Acea Ato 2 e Acea Ato 5 per accennare ad una contestazione dell’operato della società e richiamare l’autorità dell’Ambito (presieduta dal presidente della provincia) a prendere finalmente l’iniziativa per contrastare quanto sta approssimandosi.

La decisione dell’Acea Ato 2 e 5 di formare un’unica azienda pone, naturalmente, diverse questioni, prima fra tutte quella che riguarda il pericolo della costituzione di una posizione di monopolio (che di fatto già esiste) in una vasta area del centro sud sul commercio dell’acqua pubblica. Ma non aggiunge nulla alla serietà delle motivazioni preesistenti a quest’ultima decisione sul più che discutibile operato industriale dell’Acea, sul suo rapporto vessatorio con i cittadini (considerati al pari di utenti dei quali diffidare, a prescindere), sulla mole di inadempienze accatastata negli anni, sulle centinaia di documentatissimi richiami restati senza ascolto.

C’è da chiedersi perché si sia aspettato di arrivare a questo punto e perché non si siano utilizzate, fin dall’inizio, le possibilità previste nel contratto (già di per sé sbilanciato a favore dell’azienda e non dei cittadini – su questo siamo disposti a un confronto con tutti) per arginare la prepotenza dell’Acea, la sua sordità alle esigenze delle famiglie, la sua insensibilità nei riguardi non solo dei  loro bisogni e difficoltà ma perfino rispetto a loro diritti fondamentali e perciò non negoziabili.

Fra qualche giorno si terrà, dunque, l’assemblea dell’Ambito (i sindaci che governano, o dovrebbero governare, il rapporto con l’Acea e che tutelano, o dovrebbero tutelare, i cittadini). In quella sede, il Comitato Tecnico porterà l’aggiornamento dei dati sul contenzioso con l’Azienda (perché non è stato fatto prima? Perché non è stato sollecitato prima?) e non è difficile prevedere che essi forniranno ulteriori prove per la risoluzione del contratto.

Il sindaco di Frosinone ne parla adesso esplicitamente, aggiungendosi alla schiera dei colleghi che già sono arrivati alla stessa conclusione, una nota dei Comitati per l’acqua pubblica indica una “road map” perfettamente condivisibile, che si misura con le caute procedure delineate nell’articolo 34 del contratto mettendo al riparo l’iniziativa di risoluzione dal peso dell’inevitabile strascico legale.

L’essenziale è che non ci si nasconda ora dietro qualche altro cavillo, ignorando che la volontà espressa dalla popolazione provinciale  si è già manifestata senza ambiguità.

Il partito dell’Acea, come denuncia da settimane il direttore dell’Inchiesta, Stefano Di Scanno, è forte e non si fa fatica a supporre che nell’imminenza delle prossime elezioni si darà da fare. E del resto, molte cose non si capirebbero se la sua non fosse una presenza sensibile e nemmeno tanto discreta. Che pensare, infatti, dei silenzi, delle omissioni, delle mezze parole dei partiti che reggono l’assetto politico della nostra provincia sulla gestione del servizio idrico integrato? Che pensare, dell’inerzia della Regione Lazio nell’approvazione delle delibere attuative della sue legge del 2014 per la “ripubblicizzazione” dell’acqua? Tutto casuale? Forse. O, magari, i nostri politici e amministratori fanno la parte del Totò di uno sketch famoso. E di fronte alle randellate dell’Acea ai nostri concittadini si domandano, con candido stupore, “vediamo questo stupido dove vuole arrivare”.

 

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