Domande al sindaco Morini sul caso Omron

Arrivano le smentite che non smentiscono ma alludono. Resta il fatto che la più grande realtà produttiva cittadina si avvia verso altri lidi. La città perde molto e della questione, che non inizia oggi e forse non finisce domani, non è stato mai investito il Consiglio Comunale. Una questione strategica trattata al pari di una trattativa privata. Ma le perdite sono state “contabilizzate”? E qualcuno ha misurato quanto mancherà alle casse comunali e come si distribuiranno e su chi le compensazioni delle entrate tributarie che se ne vanno con la Omron? Per questo, chiediamo la convocazione urgente del Consiglio comunale. Un ricordo, che ammonisce, di  quaranta anni fa.

@TarcisioTarquini

Prevedibili, previste ma non convincenti le smentite di azienda e sindaco sulla questione delle responsabilità del trasferimento della Omron da Alatri a Frosinone. Nei confronti dell’azienda non siamo creditori di nulla, se non del dovere imposto dal concetto di responsabilità sociale di impresa di spiegare a noi, a tutta la opinione pubblica (e perciò non solo ai suoi dipendenti, che non sono la unica parte in causa della decisione ma che certo hanno qualcosa da dire) le ragioni economiche, produttive, logistiche dello smantellamento del sito di Alatri e della nuova localizzazione.

Questa richiesta avrebbe dovuta avanzarla ufficialmente il sindaco a nome dell’intera comunità, se è vero come è vero che le ricadute del trasferimento saranno pesanti e colpiranno diversi interessi cittadini, come ci preoccuperemo di documentare adesso e nei prossimi giorni. Ma a quanto sembra nessuno ha sentito finora il dovere di farlo, lasciando così che una questione decisiva per lo sviluppo della nostra città fosse affrontata in semiclandestinità e non invece con il rilievo pubblico che a fatti di questa natura viene dato in tutte le parti del nostro paese, e comunque là dove non si permetterebbe mai che una fonte di ricchezza per la comunità sgattaioli via a fari spenti e appena mormorando un saluto.

Il sindaco e l’amministrazione comunale ci debbono, perciò, molte spiegazioni e il chiarimento dei tanti dubbi, grandi come una casa, che la stessa dichiarazione “a discolpa” del primo cittadino propone.

Il sindaco ha dichiarato, infatti, al Messaggero:è la seconda volta che mettiamo a disposizione della Omron la struttura tecnica comunale e le conoscenze locali per andare incontro alle loro esigenze”, e ha precisato: “avevamo ricercato e trovato i locali che rispondono alle caratteristiche indicateci ed abbiamo anche messo a disposizione aree edificabili per costruzioni ex novo. Ci hanno fatto sapere, invece, che forze interne alla Omron, insieme alle forze sindacali, hanno preferito spostare lo stabilimento a Frosinone”.

C’è da trasecolare, e non solo per il richiamo a “forze interne” e “sindacali” che pur di fronte a soluzioni possibili ad Alatri avrebbero alla fine determinato (“facendolo sapere” al sindaco – che significa per interposta persona e perciò nemmeno in modo diretto e ufficiale) lo spostamento della fabbrica. Apprendiamo, infatti, senza che ci sia stato mai un passaggio istituzionale, senza che un consiglio comunale sia stato mai convocato sul tema (e quale tema) né nella precedente consiliatura né in quella attuale, che l’amministrazione ha individuato locali e messo a disposizione aree, come se la trattativa fosse da affrontare alla maniera in cui si trattano le faccende private, e poi se non si arriva all’accordo pazienza.

Di proposte fatte dal comune parla anche il dirigente della Omron che si è preso la briga non di informarci (noi cittadini di Alatri e vera parte potenzialmente lesa) sulle ragioni del trasferimento ma di deprecare le polemiche politiche (e questo certo è affar nostro e del nostro mestiere) e scagionare il comune (“l’amministrazione non è stata inerte”) che avrebbe proposto addirittura tre possibili soluzioni.

La domanda che facciamo, al sindaco, non all’azienda, è dunque questa: quali soluzioni ha proposto il comune? Quali aree ha indicato? Dove sono ubicate queste aree? Chi ne ha la proprietà? Si tratta di aree ricadenti nell’area industriale e prive di gravami di qualsiasi tipo? O si tratta di terreni già assegnati e proposti, in seconda battuta, all’azienda? Quali edifici già pronti sarebbero stati individuati e perché non sono stati ritenuti idonei? Il pericolo della smobilitazione non si era già manifestato anni fa quando alla stessa azienda, dagli stessi amministratori di oggi, venne negata l’area su cui poi è stata edificata la pista di atletica (quella la cui copertura, per dirla con il candidato sindaco Luciano Maggi si “è sbracata al primo soffio di vento)? Il sindaco quando ha saputo, e in che modo, della volontà della Omron? Perché non ne ha prontamente informato il consiglio comunale che rappresenta l’interesse e la volontà generale della città? Il comune ha calcolato gli effetti del trasferimento della Omron? Ha misurato l’impoverimento complessivo del nostro apparato produttivo, della nostra economia, delle prospettive occupazionali dirette dei nostri giovani, del patrimonio di know how tecnologico cittadino (di conoscenza, di formazione, di relazioni)? Ha contabilizzato quante tasse comunali verranno a mancare e quali conseguenze provocheranno non solo sulle esauste casse dell’ente ma su tutti gli altri operatori economici della città? Qualcuno, tra gli amministratori, si è posto il problema che la minore Tari (la vecchia tassa dei rifiuti) che per il 30% grava obbligatoriamente sulle attività economiche sarà ridistribuita proporzionalmente su quelle restanti che dovranno così accollarsi la compensazione del minor gettito derivante dallo spostamento dell’Omron?

Proporrò queste domande in un’interrogazione consiliare, ma intanto credo che sia un dovere ineludibile del presidente del Consiglio comunale e del sindaco di convocare urgentemente la massima assise cittadina per affrontare, con la responsabilità cui tutti siamo tenuti, il caso aperto dalla decisione dell’Omron di lasciare Alatri.

Non vorrei che, a distanza di oltre quaranta anni, si replicasse oggi quello che avvenne appunto nel 1973 (o giù di lì), quando un’altra grande “istituzione” cittadina, produttiva di attività e benessere, il Collegio Conti Gentili chiuse i battenti. E, come denunciò il giornalista Alberto Minnucci che ne fu testimone, in una piazza semideserta, senza che nessuno ne venisse informato, l’ultimo rettore dell’Istituto consegnò al sindaco dell’epoca le chiavi del palazzo, mettendo fine quasi con vergogna a una storia plurisecolare che aveva assicurato lustro e notorietà ad Alatri.

 

 

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